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L'ESECUZIONE DI UN BRANO MUSICALE:
interpretazione o lettura?

di Carlo Levi Minzi

Abstract
Nella mia esperienza di studente prima e di insegnante poi ho notato la carenza di una istruzione sistematica sulle modalità di approccio a un testo musicale. Pensando a quanto sia cruciale per l’autonomia del giovane musicista l’essere in grado di affrontare una partitura con spirito indipendente e critico mi sono spesso domandato la ragione di tale mancanza e ho finito con l’attribuirla da una parte a una concezione idealistica dell’arte, ancora molto forte in Italia, e non solo, e dall’altra al poco nobile tentativo dei docenti, specie quelli più “importanti”, di rendersi indispensabili ben oltre ogni ragionevole limite. Per questo motivo ho ritenuto utile stendere queste brevi note.

Etica dell’esecutore

Ho sempre nutrito una certa qual diffidenza per la parola “interpretazione”, perché mi ricorda molto le metodologie con cui gli antichi aruspici osservavano il volo degli uccelli o le viscere di animali per le loro predizioni, spesso volutamente sibilline.
Sono sempre stato convinto che l’approccio a un testo musicale debba avere una solida base scientifica, sottraendo, così, il musicista alla tentazione di un arbitrio dettato da una concezione idealistica dell’arte.

Poiché penso che il dovere di un esecutore sia in primo luogo quello di rendere la composizione musicale così come l’autore la aveva concepita e ciò è già di per sé molto difficile, visto che la grafia, pur abbastanza precisa, lascia spazio a un indice di deviazione, è necessario darsi delle regole che non esiterei a definire un codice etico.

Precondizioni necessarie e non sufficienti

E’ fondamentale un forte retroterra culturale di armonia, contrappunto e analisi, nonché una buona conoscenza di base della filologia e delle varie prassi esecutive.
Il “lampo di genio” è, in realtà, il raggiungimento di una sintesi che si forma nell’inconscio e che improvvisamente emerge, frutto, anche della profonda comprensione di una educazione completa, conditio sine qua non.

Purtroppo questo in Italia, nonostante gli sforzi compiuti da alcune menti illuminate, non è realtà comune e, per quanto siano stati pubblicati alcuni testi essenziali e di altri sia in corso la traduzione, ancora non si notano progressi visibili, sia nel mondo concertistico che in quello scolastico.

Anzi, anche a livello internazionale, si nota la tendenza a un regresso di stampo idealistico che non sembra essere semplicemente la vittoria di una corrente di pensiero filosofica, bensì l’appiattimento su un malinteso senso di tradizione, molto caldeggiato da insegnanti e da organizzatori di Concorsi per ben poco nobili e facilmente intuibili motivi.

E’ fondamentale anche una elevata capacità meccanica strumentale. Questo aspetto, molto meglio curato nelle scuole russe e anche tedesche, non solo accelera il processo di apprendimento, ma anche rende possibile la realizzazione di quei desideri che si verificano in fase di lettura. Ho visto allievi rinunciare a eseguire in una determinata maniera non riuscendoci, causa limiti oggettivi. Per contro mai avranno veramente successo tentativi meramente e velleitariamente virtuosistici, ma si potrà essere definitivamente certi che di ciò si tratti solo in presenza di mani impeccabili.

Scelta delle fonti (filologia) e formazione del testo

Per formazione del testo intendo la selezione del materiale da eseguire una volta confrontate le fonti, spesso tra di loro contrastanti. Tale operazione va fatta prima di cominciare lo studio vero e proprio effettuando scelte rigorosamente filologiche, perché, ovviamente, non si potrà mai comprendere correttamente qualcosa di inesatto.

Soluzione ottimale sarebbe il possesso delle copie del manoscritto, ove esistente, e delle prime edizioni a stampa, ma mi rendo conto di quanto ciò sia praticamente impossibile, perché andrebbe a richiedere sforzi economici e costanti richieste a biblioteche non sempre ben disposte; si deve, quindi, ripiegare su quanto disponibile sul mercato.
Suggerisco, pertanto, l’adozione di una edizione cosiddetta Urtext, in tedesco testo primigenio. Si tratta di un apparato che rispetti criteri filologici, non aggiungendo, cioè, niente all’originale, che disponga di note critiche che permettano all’esecutore di valutare le scelte fatte dal revisore in caso di discrepanza tra le fonti e, nel dubbio, distingua le scelte del revisore stesso attraverso parentesi o caratteri tipografici diversi. Personalmente, non fidandomi più di nessuno dopo aver confrontato un manoscritto di Schubert con una edizione a stampa delle più gettonate, faccio lo sforzo economico e mentale di munirmi di più libri incrociando, così, il lavoro di più persone e finendo ugualmente col trovarmi spesso insoddisfatto...

Tecnica di lettura step by step

Una volta esaurita la fase di formazione del testo comincia il lavoro vero e proprio. Come prima operazione si leggerà la composizione alla lettera, sforzandosi di apprendere ogni segno così come scritto, senza trascurare, cioè, il benché minimo dettaglio che potrebbe risultare essere l’indizio chiave per la comprensione finale.

Modifiche arbitrarie di note sulla base di un presunto buon gusto non sono ormai più tollerate, mentre, invece, bisognerà prestare particolare attenzione ai fraseggi e alle dinamiche, che, ancor oggi, sono considerate erroneamente relative, anche a causa di un malinteso senso di tradizione esecutiva che i tedeschi chiamano, con una buona dose di malafede, “Praxis”, che si potrebbe tradurre in italiano “uso corrente”.

Suggerisco caldamente di non munirsi di registrazioni altrui mentre si studia, perché, inesorabilmente, l’autorevolezza del famoso concertista finirà con l’ottundere la visione, portando a ripetere inconsapevolmente gli stessi errori che, per quanto griffati, sono sempre spesso e volentieri qualcosa di ben oltre il fisiologico indice di deviazione dalla grafia. Ricordo che il mio insegnante italiano mi faceva spesso ascoltare dischi di quanto stessi studiando e, altrettanto spesso, mi rendevo conto di curiose discrasie che, proprio perché impresse sul vinile da qualcuno ben più importante di me, mi lasciavano a dir poco perplesso. Perciò, anche se il passare degli anni e l’apprendimento della storia dell’esecuzione musicale mi hanno reso un po’ più accondiscendente, insisto sull’importanza dell’autonomia più assoluta, soprattutto in questa fase di assimilazione, che è cruciale per l’ottenimento di un risultato finale convinto e convincente.

A questo punto, il musicista, se capace di ascoltare e ascoltarsi, si accorgerà di essersi già formato delle idee sul significato di alcuni segni, ma anche di non riuscire a spiegarsi la ragione di altri, o, addirittura di non comprendere il senso della composizione. Questo è il momento di non farsi prendere dal panico, andando a chiedere aiuto. Occorre, contestualmente, interrogarsi su quanto non si sia compreso e insistere nella ripetizione meccanica, come sosteneva con energia anche il compianto Norbert Brainin, già primo violino del Quartetto Amadeus e mio compagno di musica per quindici anni.
Gutta cavat lapidem, prima o poi l’arcano si svelerà, provare per credere.

Personalmente ho ottenuto risultati che a me paiono sensati e contemporaneamente strabilianti, anche se a taluni colleghi sembrano frutto di pazzia o di desiderio di novità a tutti i costi, cosa, ovviamente, non vera.

Ricordo, a tal proposito, la vicenda di due mie allieve, sorelle gemelle che formavano un eccellente duo pianistico. In una delle prime lezioni mi dissero che era loro obbiettivo “dire qualcosa di diverso dagli altri”. Sorrisi e non replicai. Tempo dopo, avendo appreso la lezione ed essendo diventate piuttosto brave, cominciarono a essere criticate per la loro bizzarra originalità. Fu così che compresero di aver raggiunto il loro scopo nella maniera più lineare e onesta.

Ovviamente non ho la pretesa di avere esaurito un argomento così complesso in queste poche righe. Nessun manuale, anche il più esaustivo, può sopperire al lavoro, al sangue, al sudore e, perché no?, a un buon lavoro didattico, a condizione che questo guidi il giovane musicista alla comprensione e all’autonomia, piuttosto che renderlo perennemente schiavo di improbabili Soloni.


Nota

Carlo Levi Minzi ha tenuto concerti nelle principali sedi concertistiche di Europa, America e Asia ed effettuato numerose registrazioni radiotelevisive e discografiche con un repertorio che comprende numerosi cicli integrali e più di cinquanta concerti per pianoforte e orchestra.
E’ Professore ordinario presso il Conservatorio di Milano ed è stato Visiting Professor presso prestigiose istituzioni europee e americane.


Carlo Levi Minzi - contributo originale - ottobre 2006
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