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LA VIA MUSICALE AL RISVEGLIO INTERIORE

di Alberto Cesare Ambesi

Abstract
In questo scritto si offrono riflessioni sull’atteggiamento interiore, dal punto di vista della Tradizione, che dovrebbe avere un compositore.

LA VIA MUSICALE AL RISVEGLIO INTERIORE

Svariate sono le leggi che possono interpretare fenomeni musicali, fungendo da impalcatura a grammatiche sonore più o meno diverse. Prova ne sia, ad esempio, che nell'ambito della prospettiva dei suoni a intonazione «equabile ad solo corso di tre secoli, sono sorti il sistema tonale e il metodo dodecafonico attorno ai quali ci si è accapigliati sino a ieri per stabilire quale dei due fosse il più «legittimo» o meglio «conforme alle norme naturali».

Oggi però si può ben affermare (e in ciò avevano visto giusto i maestri «classici» della dodecafonia innanzi tutto, che la seconda grammatica deriva dalla prima per spontanea gemmazione, poiché ambedue imperniate sui presupposti della fisica classica, in secondo luogo, va osservato che le tempere espressive connesse alla tonalità e alla dodecafonia trascolorano l'una nell'altra e nonostante l'indiscutibile opposizione che si stabilì fra esse, sotto il profilo degli effetti acustici.

Se poi si dovesse rivolgere la nostra attenzione ai fondamenti della musicalità moda1e o alle recenti proposte per un linguaggio sonoro imperniato sui microintervalli (cioè su scale che comprendono intervalli inferiori al nostro semitono), si potrebbero individuare altre convergenze e difformi opposizioni.

Ma diverso è l'argomento che qui ci proponiamo di affrontare.

Esistono connessioni tra l'elemento suono e gli altri regni dell'Universo che al momento attuale possono essere utilmente studiate, in quanto le attuali esperienze compositive si articolano ancora su un terreno ambiguo, ora attenendosi ad una fonologia musicale di compromesso tra il vecchio che si vuole abbandonare e un nuovo che non si sa bene cosa debba essere e più raramente proiettandosi in spazi dissueti, ma dove per muoversi i musicisti richiedor schemi di comportamento ad altre discipline. Il che sembrerebbe realizzare quello studio di rapporti e proporzioni cui si accennava dianzi. Ma le cose non stanno esattamente come si vorrebbe.

Vediamo di spiegarci. Nel 1958 sul semioscuro periodico Presenze che dirigevamo con baldanza tutta giovanile scrivemmo testualmente che: «...occorerà trovare (per il linguaggio compositivo) uno speciale e autonomo sistema di funzioni che ordini le dimensioni fonologiche, così come la legge di corrispendenza analizza le quantità variabili della matematica»; non solo, ma in un numero precedente della suddetta rivista, uscito a cavallo tra il 1957 e il '58, valendoci di talune risultanti della psicologia della forma avevamo affermato che bisognava «riconoscere alle configurazioni sonore... un naturale strutturarsi secondo rapporti di tensione all'infinito.., o alla staticità» e che «riflettendo su dette tensioni esse si rivelano come imperativi di natura matematica, i quali domandano necessariamente un approfondimento in tale direzione». «Scelta difficile  proseguivamo  perché più matematiche e più leggi possono servire al discorso musicale, ma è evidente che tale scelta, pur essendo libera dovrà sempre rispondere alla logica formale».

Fummo, insomma, tra i primi, se non fra gli antesignani, ad auspicare un ripensamento dell'arte musicale in chiave «numerologica», per cui oggi dovremmo essere soddisfatti (o invidiosi) delle attuali ricerche, più complesse, ma non dissimili da quelle che anticipammo teoricamente trent'anni addietro.

Eppure né l'uno né l'altro sentimento possono albergare in noi e a causa di svariate ragioni, la prima delle quali scaturisce dal fatto che il nostro pensiero si è nel frattempo accostato a fonti di sapienza tradizionali (filosofie esoteriche; musicalità delle civiltà dell'Asia e di livello etnologico) che gettano una luce sovrastorica sui rivolgimenti delle arti, mentre già nel periodo dei nostri scritti su Presenze avvertivamo che si trattava di avviare studi destinati a trovare «autonomi e speciali sistemi» e che «più matematiche e più leggi» convenivano alla ricerca di nuove basi compositive.

In breve: ritenevamo allora e ancor più oggi che si dovrebbero perseguire elaborazioni analoghe a quelle sviluppate nei domini matematici, ma inventate e concepite in termini musicali. Nel momento attuale, invece, troppo ci si compiace di applicazioni testuali tratte dalla fisicomatematica o di parafrasi degli esperimenti da laboratorio. Inoltre, la nostra adesione ai principi della filosofia perenne ci rende persuasi che se è coi numeri che il compositore deve aver a che fare, egli non potrà porsi in concorrenza con lo scienziato, nel maneggiarli quantitativamente, bensì dovrà volgersi a un uso pitagoricoesoterico qualitativo  di essi, stante il carattere magico e i compiti sacri che spettano al linguaggio compositivo e che gli dànno una dignità ermetica.

Ma non vorremmo essere fraintesi, né anticipare le nostre conclusioni. Siamo infatti pronti a riconoscere che ricercatori quali Pietro Grossi ed Enore Zaffiri, a capo  rispettivamente delle scuole di musica elettronica di Firenze e Torino hanno sviluppato un'attività nell'ambito della metodologia fonologica e della didattica che ha tutti i crismi del più alto rigore intellettuale. Ma appunto perché codeste, loro ricerche si articolano su di un piano di speculazione razionalistica o razionalisticheggiante (come ampiamente dimostrato dal volume del citato Zaffiri «Due scuole di musica elettronica in Italia», pubblicato dall'editore Silva), noi vorremmo che si reagisse a detto indirizzo mentale, poiché, co insegna la Tradizione, l'atto compositivo non può che essere realizzato «figuris, characteribus, formis coniurationum», pur tenendo conto che essi non conducono necessariamente al demoniaco, come supposto nel Doctor Faustus di Thomas Mann.

Si deve inoltre rilevare che, una volta riconosciuta all'attività musicale ii carattere iniziatico, per cui si adatta al suo adepto la raccomandazione alchemica «Visita interiora Terrae rectificando invenies occultum lapidem», ne consegue che gli aspetti (le forme) della Natura non potranno rimanere estranei a compositore e alle strutture sonore. Cioè si avranno da un lato le invenzioni configurazioni suggerite dalla numerologia vale a dire da quelle combinazior simbolicamente significative o sotto il profilo metafisico o come evocazione certi ritmi naturali e dall 'altro un'esplorazione delle voci che il Mondo trasmett& esplorazione che dovrà essere condotta con un ritrovato spirito partecipazion sta, poiché è compito del «seguace dell'arte» riacquistare la capacità di pensar miticamente. Così facendo, infatti, egli renderà viva la sua disciplina, che per fondamento e sostanza consiste in un viaggio che riconduce lo spirito ah comuni sorgenti, senza tempo, e dell'arte e del mito.

Vorremmo altresì precisare  per dirla con linguaggio tantrico  che tutto c richiede un risveglio di quell'energia universale (Shakti) che risiede nell'uomo come forza sottile (kundalini), per intrinseca natura luminosa e sonora e che pu condurre a stati celesti o liberati, nell'accezione iniziatica del termine. riconosca perciò alle esperienze elettroniche e concretiste una connaturai disponibilità a inserirsi nella Tradizione, purché assoggettate ai fini superi da noi indicati e attorte come le serpi del caduceo, tanto da costituire una delle vie ch meglio conducono all'Illuminazione Interiore.

D'altronde, la potenza trasumanatrice della musica era ben nota agli antichi la sua parentela con le operazioni alchemiche fu senz'altro riconosciuta. Ricorderemo, in proposito, che in un'antica incisione la lunga «via regale» o umida rappresentata dall'orientale Ermete Trismegisto circondato da attributi ch fanno riferimento principalmente alla musica e poi alla scienza degli astri e a torno alchemico vero e proprio, mentre in una corrispettiva tavola, la «via secca e breve (o via degli umili) è simboleggiata dall'occidentale Basilio Valentino in essa compaiono riferimenti figurali e grafici più strettamente legati al mond della «chimica». E non si tratta di un'esemplificazione isolata o singolare. Nel raffigurazioni di molti laboratorioratori alchemici il posto occupato dag strumenti musicali è preminente e in apparenza inspiegabile. Si veda, a ulterior titolo indicativo, l'incisione su tale soggetto contenuta nell'Anfiteatro deli Saggezza Eterna del Khunrath (pubblicato in Italia nel 1953 dall'Editrice Atanor, ma risalente al 1609).

A buon diritto quindi noi affermiamo che il lavoro da compiere oggi negli studi di fonologia musicale dovrebbe esser simile a quello alchimistico e che materia sonora e spirito e anima dell'adepto dell'arte dovrebbero percorrere insieme le tappe che portano dalla nigredo allo splendore dell'oro.

In caso contrario, tutto l'esperimentare che si compie attorno ai generatori d'onde, ai potenziometri e ai filtri acustici risulterebbe per gran parte sterile, anzi paragonabile all'opera di semplici «soffiatori» e «bruciatori di carbone» dei forni aichemici, abilissimi ne trovare impasti e materie nuove, ma spiritualmente ciechi  appunto  di fronte all'essenza e ai fini dell'ars regia

I profondi abissi siderei, le voci tutte della Natura, come il firmamento interiore dell'Uomo si uniscono in polifonie e diafonie ricorrenti. Chi saprà cogliere (anzi conquistare) i suoni che illuminano?

Alberto Cesare Ambesi - da I simboli del rito [1989] - Carmagnola, Arktos-Oggero Editore - per concessione dell'Autore e delle'Editore  -  novembre 2006.
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